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LA BASILICA E IL MUSEO DEL
SANTUARIO DI SAVONA

Itinerario 2

Itinerario 2

Santuario di N.S. di Misericordia – Riserva dell’Adelasia (698 m)

Tipo di escursione: Naturalistica

Tempo di percorrenza 20 min. in macchina, 2 h a piedi

Lunghezza 13,8 km

Dislivello in salita m 600

Grado di difficoltà Media

Segnavia No

Equipaggiamento consigliato Normale equipaggiamento da escursionismo: scarpe comode e indumenti idonei a riparare dall’eventuale vento e pioggia.

Come arrivare

A piedi : Dalla loc. Santuario, seguire per San Bartolomeo del Bosco/ SP 12
In auto: Autostrada A10 Genova/Ventimiglia: uscire al casello di Savona e seguire la SP 12 (Savona – Altare)

Stagioni consigliate Da marzo a ottobre le condizioni climatiche sono migliori.

da vedere

Sitografia

La leggenda di Adelasia

La principessa Adelasia, figlia di Ottone I di Sassonia, fuggì in Liguria con il suo amato scudiero Aleramo che voleva sposare contro il volere del padre. I due innamorati trovarono rifugio nelle vicinanze di Montenotte, in una rocca (visibile nell’immagine accanto) che emerge dai boschi dell’alta valle del Rio Ferranietta e da cui prende il nome la Riserva Naturalistica dell’Adelasia. Istituita nel 1976, è diventata nel 2010 proprietà della Provincia di Savona che ha ottenuto l’approvazione della legge regionale n. 65 del 28 dicembre 2009, con la quale l’Adelasia è stata trasformata, a tutti gli effetti, in una Riserva Naturale inserita nel novero delle aree protette di interesse regionale.

Il percorso

Proseguendo oltre il Santuario di N.S. di Misericordia, l’alta Valle del Letimbro si addentra nel cuore dell’antico Bosco comunale la cui legna, indispensabile per costruire le imbarcazioni di una città molto attiva in ambito marittimo, costituiva una delle principali fonti di ricchezza per l’economia savonese.
L’area boschiva, assoggettata fin dal XII secolo alla tutela del Comune di Savona, fu poi gradualmente concessa ad alcune nobili famiglie locali per una colonizzazione agricola inizialmente limitata ai margini del bosco. A seguito della sconfitta inflitta a Savona, i genovesi imposero il proprio dominio anche su queste zone, ottenendo per le casate più potenti – in particolare quelle dei Doria e dei Multedo – estensioni sempre maggiori di terreni conferiti in enfiteusi.
Tra il XVI e il XVIII secolo nelle aree meno acclivi del bosco comunale furono così costruite circa cinquanta masserie rimaste attive fino alla seconda metà del Novecento (tra cui Villa Spinola -oggi Padiglione Noceti, residenza sanitaria assistita per anziani -, Ravé, Nocette, Fossamorto, Ramate Soprane e Ramate Sottane, Teglia, Soria e Porassino).
(Nell’immagine la Mappa delle Masserie in Regione Madonna, Registro delle Masserie proprie, scheda n. 19. Archivio di Stato di Savona).
Tali poderi divennero centri di produzione agricola e di allevamento bovino ed equino: i proventi delle loro attività, per lo più finalizzati al sostentamento degli anziani e degli orfani ospitati nelle vicine strutture, venivano indirizzati alla Villa dei Governanti, così denominata in onore dei Probi Cittadini addetti all’amministrazione del Santuario e dell’Ospedale, che vi si riunivano per decidere degli interessi dell’Opera Pia. Si tratta di una villa padronale risalente al XVI secolo, destinata in parte anche ad abitazione familiare, che il Letimbro riforniva dell’acqua necessaria all’espletamento delle attività del fondo.

Nonostante l’edificio non presenti peculiari artistici di pregio, gli elementi architettonici che ne caratterizzano l’impianto strutturale (in particolare le volte a crociera del vano scala e la volta a padiglione dell’ingresso), denotano una certa ricercatezza formale e testimoniano l’importanza economica e sociale che la vallata attribuiva all’immobile. (Nell’immagine la Villa dei Governanti e il Bosco di Savona)
Proseguendo ulteriormente, al centro di questa rete di masserie che si spargono tra il verde, affiora Villa Doria alle Olmate. Al pari della precedente, tale costruzione (dai tratti tipici delle ville genovesi del ‘600-‘700), non costituisce un’opera architettonica di particolare rilievo ma rimane un prezioso documento per la storia locale.
Per quanto riguarda l’assetto vegetazionale, la zona è contraddistinta da insediamenti di conifere nonché da consociazioni di resinose e latifoglie rappresentate per lo più da castagni, roverelle, lecci e ornielli.
Si possono notare altresì numerosi noccioli, ora sparsi ora in popolazioni, ma anche ciliegi selvatici e, nelle zone più umide, ontani e robinie.

Il sottobosco è invece costituito per lo più da eriche, ginestre, rovi, biancospini e agrifogli.
La zona riveste altresì un importante valore strategico grazie alla sua posizione geografica: la vallata, infatti, immette al varco meno elevato di attraversamento alpino-appenninico di tutta l’Italia centro-settentrionale e come tale ha assunto in passato una peculiare rilevanza militare.
A tal riprova si segnala che sempre nell’area dell’antico Bosco di Savona, proprio nella zona del Santuario, durante alcune recenti ricerche topografiche finalizzate allo studio del sistema difensivo delle altura savonesi, Carlo Arena ha rinvenuto un’ importante area strategica di grande interesse storico.
Si tratta di un Castrum (in parte visibile in questa immagine, tratta dal sito www.fortezzesavonesi.com) edificato con pietra a secco, che poteva rivestire un uso abitativo ma anche militare. La presenza della folta vegetazione circostante e dei rovi lo ha per lungo tempo mimetizzato, rendendone ardua l’individuazione. La costruzione risulta dotata di un imponente sistema difensivo grazie al quale era possibile respingere efficacemente gli attacchi degli invasori.
La fortificazione presenta un’ampia superficie di forma ellittica e probabilmente venne edificata a difesa di villaggi vicini oltre che per la copertura del passaggio obbligato dal mare verso l’Appennino.

L’ampia superficie dell’area rinvenuta (circa 600 mq di estensione) testimonia che la struttura era in grado di ospitare al suo interno un nucleo abitativo e che sul lato Nord-Est probabilmente si ergeva una torre di forma quadra. Ad oggi non si è ancora risaliti ad una datazione precisa del sito, anche se sono stati rinvenuti frammenti di ceramica protostorica e romana. Inoltre, alcune ricerche condotte in Francia riferiscono la presenza di un insediamento saraceno risalente al 900 d.C., contribuendo così a confermare la rilevanza storica della scoperta. Da un punto di vista geomorfologico, la caratteristica principale della vallata è rappresentata dall’andamento multiforme degli alvei del Letimbro. Infatti, nel tratto che a partire dalle località di Santuario e Cimavalle giunge ad Acquabona, il fondovalle si apre in una piana alluvionale terrazzata, contraddistinta da una serie di meandri incassati.

Pur essendo attraversati da una fitta vegetazione boschiva, questi versanti manifestano un’accentuata acclività e presentano attività forestali estremamente ridotte. Si segnalano tuttavia alcune aree entro cui in virtù della posizione favorevole e dell’articolazione morfologica, si sono sviluppati nuclei rurali con terreni dedicati alle attività agricole, quali ad esempio le località Priocco, Naso di Gatto, S.Bartolomeo del Bosco e Cà di Ferrè.
La tappa n. 17 dell’Alta Via dei Monti Liguri, che unisce il Colle di Cadibona con la località le Meugge, attraversa qui un territorio ricco di vegetazione appenninica di particolare bellezza lambendo i confini della Riserva naturale dell’Adelasia, caratterizzata da splendidi boschi di faggi, castagni e querce.
Intorno al percorso…
L’area, nascosta nel cuore dell’alta val Bormida, restituisce al visitatore l’immagine di una natura ancora incontaminata in cui si ergono imponenti alberi secolari con circonferenze in alcuni casi superiori ai tre metri. Segnaliamo in particolare la faggeta di Costellasso, situata tra la Cascina Miera (844 m), sede della foresteria della Riserva (in cui è attivo anche un centro di educazione ambientale), ed il Bric del Tesoro. Il castagno, molto diffuso in passato, sta progressivamente lasciando il posto ad altre specie, in particolare al carpino nero, all’acero campestre e alla rovere.
La fitta copertura boschiva, unitamente alla presenza di numerosi corsi d’acqua, ha contribuito al mantenimento del ricco patrimonio faunistico, indice della salute ambientale di questa zona geografica. Si segnala in particolare la presenza dello sparviero e della puzzola (specie piuttosto rare in Liguria) nonché del cinghiale e del capriolo, elemento faunistico più caratteristico dell’area.
Nonostante le sue cime non raggiungano i 900 metri, la Riserva manifesta peculiarità faunistiche e floristiche tipiche degli ambienti alpini (si pensi alla presenza di uccelli come il beccafico o il ciuffolotto che normalmente prediligono le zone montane).
Tra le principali fonti di interesse paesaggistico ed escursionistico spiccano poi i fenomeni carsici e le vette panoramiche (l’esempio più noto è quello della Rocca dell’Adelasia, posta al centro dell’omonima Riserva).
Se gli eventi meteorologici nel corso dei secoli hanno modellato i rilievi montuosi, l’acqua, penetrando nel sottosuolo, ha a sua volta dato origine a fenomeni di erosione sotterranea, di cui sono testimonianza le grotte della Riserva.

Tali antri, noti e molto apprezzati dagli speleologi liguri ma non solo, manifestano la loro rilevanza anche dal punto di vista delle forme i vita che ospitano e che sono rappresentate principalmente da pipistrelli e troglobi, animali adattatisi a vivere nell’oscurità completa delle caverne e che hanno subito la cosiddetta “evoluzione regressiva”, ovvero trasformazioni quali la scomparsa degli occhi e del pigmento.
Tra le cavità ipogee presenti all’interno dell’area, la più interessante dal punto di vista biologico è la Tana degli Olmi che anche grazie alla presenza di un corso d’acqua manifesta al suo interno un habitat particolarmente favorevole ad accogliere forme di vita vegetale e animale.